Un tesoro nascosto
Ci sono giorni in cui, perdendosi un po' fra le montagne senza la guida di una mappa o indicazioni di sorta, per puro caso ci si può imbattere in qualche tesoro che per molti anni è rimasto celato alla vista dei più. Qualcosa che è stato volutamente dimenticato, rinnegato per pudore e vergogna. Ma non sto parlando di forzieri ricolmi d'oro e gioielli: bensì di un tesoro marcescente, ammuffito, pericolante e scontroso. È questo il caso di Villa Margherita.
Il disastro di una Belle Époque
Mentre adesso fatica a far valere la sua esistenza, un tempo questa struttura di origine industriale, risalente alla metà del 1500, cercava di proporsi come un gioiello di una belle époque appenninica. Un volantino pubblicitario degli inizi del '900 recitava infatti:
Magnifica situazione nell'Appennino centrale, a oltre 700 m. sul livello del mare. Circondato da grandi boschi e fornito di ogni moderno comfort. Luce elettrica in ogni stanza. Sale da ballo e di lettura. Biliardi e Law Tennis. Belle passeggiate all'ombra, deliziose escursioni. Medico, farmacia. Ufficio di Posta e Telegrafo. Cucina eccellente. Speciali facilitazioni per famiglie. Si parla inglese, francese, italiano. Annesso all'hotel, garage con fossa.Non resta molto della fierezza di quei giorni. La struttura si presenta adesso gravemente danneggiata, rivelando la fragilità delle sue fattezze. Le sale da ballo sono collassate ed i campi da tennis divorati dall'avanzata inesorabile del bosco. Ed è esattamente questo il momento storico in cui, questo posto decadente e suggestivo richiede una mia visita.
Il tribunale delle finestre
Ho percorso una lunga serie di tornanti, fino ad arrivare al punto in cui la strada sembra non avere più alcuna intenzione di continuare. Scendo dall'auto. Seminascosto dai rovi, si intravede il cancello disastrato e chiuso a malapena con una catena, che può essere tuttavia attraversato senza difficoltà. Un cartello sbiadito riporta il nome dell'hotel: Villa Margherita. La struttura vista dall'alto ha una pianta a ferro di cavallo. Una volta nel cortile, di fronte all'imponente facciata decay, mi trovo circondato dalle innumerevoli finestre rotte che mi osservano pazienti e pronte al giudizio, quasi come si trattasse di un tribunale composto da decine di occhi stanchi. La strada è poco distante, ma un folto castagneto nasconde sapientemente l'edificio, mentre il fiume che scorre vicino all'albergo si occupa di isolare acusticamente tutta la zona. Scelgo una delle porte e faccio il mio ingresso.

La hall
Non c'è nessun benvenuto, soltanto un implicito invito all'attenzione. Si potrebbe dire che, quella che una volta doveva essere l'accogliente hall dell'albergo, adesso non è altro che un gigantesco open space marcescente. Guardando in alto, si possono già intravedere le anteprime delle stanze e dei corridoi. Qui l'abbandono sembra essere sopraggiunto molto tempo fa, portandosi via tutto in modo irreparabile. A passi lenti percorro quel che resta della struttura. Negli ultimi anni di attività, l'hotel doveva essere passato sotto la proprietà della chiesa, che l'aveva trasformato in un pacifico e tranquillo quartier generale per seminari e ritiri spirituali. Un enorme salone doveva essere stato convertito in chiesa / sala per le preghiere; lo testimoniano le panche ancora presenti, sommerse dai detriti.


Una singola nel disastro
Una rampa di scale conduce ai piani superiori. Qui, un labirinto infinito di corridoi, interrotti soltanto da pesanti cedimenti strutturali si affaccia su una sequenza infinita di stanze ammuffite. Le porte, le finestre e le pareti stesse sono talmente marcescenti da sgretolarsi al tocco.
Le interruzioni nel pavimento sono molte, sono costretto a cambiare direzione svariate volte. Mi rendo immediatamente conto che alcune parti dell'hotel rimarranno per sempre non visitabili, mentre altre lo saranno presto. Non mi abbandona mai quella sensazione di dissonanza che provo pensando che, un tempo, questo luogo ha fornito riparo, serenità e svago a molti dei suoi ospiti, mentre adesso sembra essersi completamente stancato delle visite, proteggendosi come può dalle incursioni indesiderate. Le piccole camere presentano varietà cromatiche interessanti, tutte quante dipendenti dalla tipologia di muffa o vegetazione che ha deciso di infestare le pareti. Una delle stanze, completamente rivestita di verde, attira la mia attenzione.


La mostra delle fragilità
Come sempre, quando un'esplorazione termina, non posso che andarmene provando una concreta empatia per questi luoghi, lasciati soli per troppo tempo ed irrigiditi dall'isolamento. Dopo aver perso la loro funzione, assumono tratti ostili e repellenti, scacciando via ogni sguardo ed ogni tentativo di visita, con la stessa veemenza con la quale, un tempo, cercavano di essere notati. Ma nel profondo, nascondono soltanto un'immensa fragilità, mentre corrosi dal vento e dalle intemperie, manifestano gli ultimi attimi della loro esistenza, ormai svuotata di ogni significato.