Il pellegrinaggio
La chiesa abbandonata di Montecavalloro è un gigante silenzioso. In piedi attraverso i secoli, i viandanti, le intemperie: una storia che parla di resilienza e tenacia, più che il triste epilogo di un passato glorioso. Questo posto, come pochi altri, ha rappresentato per me un luogo pellegrinaggio. Ma non c'entra niente la fede: piuttosto, incarna la visita al cuore più solitario e silenzioso del mondo che, senza parlare, racconta di tempi antichi, leggende e storie perdute.
Il giorno - esterno
La vista di questo straordinario edificio, risalente - secondo i primi documenti rinvenuti - al IX secolo, pare l'immagine di una cartolina d'altri tempi. Poggiata sul fianco della montagna che sovrasta la valle, la vedo adesso avvolta da una caligine fredda e bianca. Sullo sfondo, un classico cielo terso tipico di un qualsiasi mattino di fine dicembre. Chiazze sparute di arbusti ed alcune rovine della borgata circostante ormai scomparsa, nascondono a tratti il sentiero ormai cancellato che conduceva alla chiesa. A mano a mano che ci si avvicina però, la vegetazione si rivela più scortese: filari di rovi e spine hanno sostituito quello che un tempo doveva essere un vigneto. Un pacato - ma eloquente - appello alla cautela. Avvicinarsi non è impossibile, ma serve del tempo. Tant'è; per non perdersi il paesaggio circostante serve tutto. E così, tra un'occhiata ai dintorni ed uno sguardo alla chiesa, riesco a farmi strada fino all'ingresso. La facciata richiama, inequivocabile, l'abbandono.


La notte - esterno
Il cielo è coperto, le nubi sono rosse. Una fitta pioggia trasportata dal vento, si rivela sotto la luce della torcia come un turbine di schegge di vetro scintillante. So che la chiesa è poco più avanti, ma l'oscurità è quasi totale e non riesco a vederla. Continuo a camminare come un fantasma tra le rovine dell'antico borgo abbandonato di Cavalloro, gocce d'acqua e spine che accarezzano la pelle. Presto attenzione a dove metto i piedi. Alzo il fascio di luce ed eccola che compare, come un miraggio. Più che la casa di Dio, adesso pare il quartier generale dell'inferno.
Memorizzo la sua posizione e procedo nell'oscurità. Gli arbusti scheletrici e taglienti, che proteggono la chiesa come un piccolo esercito, sembrano infinite mani che sbucano fuori dalla terra. Per arrivare a destinazione si deve procedere senza una logica. Ogni sentiero è stato cancellato e la strada giusta è soltanto quella che si riesce a creare con le proprie forze. Dopo un tempo che sembra indefinibile, sono arrivato all'ingresso: una bocca spalancata sul nero più totale.

Il giorno - interno
Riflessi dorati, detriti, polvere in sospensione. Le tracce di Dio sono state raschiate via dalle pareti e dagli altari. Le immagini sacre asportate, come qualcosa che non appartiene più di diritto a questo mondo. Un giorno, qualcuno ha deciso che questo non sarebbe stato più un luogo sacro. L'ha deciso perché le persone se ne sono andate via dalla montagna; perché le persone hanno la giurisdizione sul divino. Dove le mani dell'uomo non arrivano ad intaccare la bellezza, alcuni affreschi dimostrano la loro tenacia. La cura degli artisti che hanno decorato la chiesa qualche secolo fa, è stata decisamente più forte della furia di coloro che hanno tentato di cancellarne le tracce. Soltanto il passare degli anni, indifferente ma ostinato, sta portando a termine con diligenza questo lavoro. La canonica è ormai distrutta. Il campanile una torre inaccessibile. Ritorno al centro della navata per scattare alcune fotografie.


La notte - interno
Sono nel ventre nero della bestia. Le tracce di Dio, grattate via con foga, si rivelano con parsimonia sotto la luce della torcia. Un mistero che si svela lentamente davanti agli occhi, mentre fuori il mondo intero ignora la mia presenza qui dentro. La solitudine ed il silenzio sono così profondi che non si riesce a vederne la fine. Tutte le cose sono fuse insieme in una matassa nera indistricabile, i contorni annullati, l'universo cancellato. Con la torcia squarcio questo velo nero, aprendo una fessura sulla realtà, che si richiude rapidamente ad ogni passaggio. Le immagini sacre degli altari, vittime di svariati tentativi di cancellazione e di deliberati atti di vandalismo, appaiono adesso come l'ombra lontana di ciò che erano, somigliando così a figure impresse in uno strato di materia sottostante a quello della realtà. L'unica cosa che mi tiene ancorato a questa dimensione, è la torcia elettrica che tengo in mano. Voglio fare un salto dall'altra parte. La spengo.
Ed eccomi qui, nel cuore più nero nel mondo, invisibile ed introvabile come una goccia d'acqua in un oceano scuro e profondo. Trattengo il fiato. È una sensazione terribile e meravigliosa al tempo stesso. Aspetto alcuni secondi. Riaccendo la luce e mi preparo ad uscire.
Epilogo
Ad oggi, la chiesa di San Giorgio a Montecavalloro, impone ancora la sua presenza attraverso i secoli, vuota come uno sconfinato deserto e silenziosa come una statua. La sua voce risuona ancora oggi poco più giù, nel paese sottostante, dove una nuova torre ospita le sue campane, che ammoniscono gli abitanti, scandendo ad ogni ora il tempo che passa.