L'incontro
Fuori dall'abitacolo imperversa un grosso temporale. Una pioggia fitta oscura il parabrezza in modo talmente insistente che sembra non avere alcuna intenzione di smettere. È una giornata grigia e pesante. Ed è una di quelle rare occasioni in cui ho effettivamente del tempo da perdere. Perciò mi sono messo alla guida, perché devo aspettare - e l'attesa immobile non fa per me. Ed è così che, su una strada di montagna poco battuta, attraversando qualche muro di nebbia e dopo aver superato una serie di tornanti, mi imbatto in questa piccola casetta abbandonata. Incuriosito, arresto l'auto poco più avanti, faccio manovra e torno indietro a controllare. Dopotutto, non riesco mai a resistere al fascino delle cose che stanno morendo. Dai finestrini appannati, esamino questo piccolo edificio fatiscente: il marciapiede dissestato, le persiane rotte, le grondaie che rigurgitano acqua. Pare un vecchio signore malato in attesa senza l'ombrello. Accosto appena possibile. Mi infilo l'impermeabile, preparo le mie cose e scendo dall'auto, incamminandomi sotto la pioggia, verso la casa.
L'entrata
Tutte le porte e le finestre sulla facciata principale sono sprangate. L'atmosfera è grigia, e tutto intorno a me risuona d'acqua, come se mi trovassi al centro di un fiume in piena. Da qui non si entra: decido di controllare sul retro. Fatto il giro della struttura, mi addentro nell'erba alta del vecchio giardino. Questo lato della casa è divorato dai rampicanti, i quali hanno preso di mira con crudeltà una delle finestre. Qui, c'è soltanto una porta; è aperta. Faccio il mio ingresso socchiudendomi la porta alle spalle. Sono fradicio dalla testa ai piedi, ma penso: ne è valsa la pena. Tiro fuori la torcia dalla tasca e la accendo. Da un primo sguardo, riesco subito a capire quale sarà il denominatore comune di questa esplorazione:
Umidità
A questo punto, suppongo di aver fatto il mio ingresso passando per una sorta di scantinato. Ci sono arnesi di vario tipo, cianfrusaglie, mobili marcescenti ed una pila di sedie di plastica. Le pareti sono devastate dall'umidità e presentano alcune scritte, lasciate forse da qualche curioso che si è avventurato qua dentro prima di me. Decido di proseguire.
Adesso mi trovo al centro di un piccolo corridoio. Intorno a me ci sono quattro porte e l'accesso alle scale. La cosa che si nota subito, è la quantità di secchi, ciotole ed altri contenitori sparsi in ogni dove, come a voler arginare la situazione drammatica delle infiltrazioni. L'umidità sembra essere parte integrante dell'edificio. Ci sono gocce d'acqua che cadono da ogni angolo, il pavimento è allagato e le pareti sembrano sudare. Naturalmente, ognuno di questi contenitori di fortuna ha straripato da un tempo incalcolabile. È come se queste mura formassero una spugna che assorbe l'acqua piovana per dispensarla con parsimonia all'interno della casa. Nel frattempo, fuori, il temporale continua.
Incubo
Le stanze sono caotiche, stracolme di effetti personali di vario genere. L'umidità estrema ha conferito a tutti gli oggetti una tonalità più scura e fatto marcire i letti. Ci sono scritte e disegni colorati sui muri: volti, schizzi, impronte di mani lasciate con la vernice colorata. Ma anche i colori ormai sono spenti. Qui è tutto cupo e repellente. Inizio ad avvertire sotto la pelle l'urgenza di uscire, ma resisto.
La personalità di questo luogo è sfaccettata. Gli indizi dissonanti che si trovano, non lasciano alcuna certezza sull'identità dei vecchi proprietari. Forse è il frutto di molti passaggi, insediamenti temporanei, occupazioni. Ci sono, inoltre, alcuni oggetti dall'aria apparentemente misteriosa. Ciocche di capelli e forbici appese al muro, strane composizioni in legno e corda che hanno perso ogni frammento della loro funzione originaria e si sono trasformati in strani amuleti ai miei occhi. Più che una casa, sembra di esplorare un incubo, o comunque un sogno molto complesso.
Mille gocce
Mille gocce d'acqua che cadono su materiali diversi. Le finestre che sbattono per il vento. Fuori, la pioggia battente. Questa è la sinfonia macabra che accompagna questo mio tour nel ventre di una casetta fatiscente e dimenticata. All'ultimo piano, altri secchi, bacinelle, contenitori. Un vecchio televisore, una sedia, una museruola lasciata per terra. Non c'è modo di capire la storia; è possibile soltanto respirare quest'aria e farsi appesantire l'anima dall'atmosfera.
Ma in fondo è quello che cerco. Un viaggio nelle profondità di qualcosa di orribilmente scontroso, un pellegrinaggio all'interno dell'ennesimo luogo inospitale, che ci racconta gli effetti della solitudine, dell'abbandono, della noncuranza. Non credo che, sussistendo le medesime condizioni, mi troverei ad essere troppo diverso da questa casa.Piove
Fuori piove ancora, esattamente come quando sono entrato. Esco dalla stessa porta, calpesto la stessa erba. Rivolgo un ultimo sguardo alla casa che tanto sembrava respingermi, e che adesso pare completamente indifferente.